Di Luca

Qualche anno fa sui volantini del Blocco, fra i  punti del programma, appariva la scritta “Editoria è Usura”. Una sentenza lapidaria che non lascia spazio a troppe interpretazioni: l’editoria dei libri di testo è un mercato usuraio. Per appoggiare tale affermazione è sufficiente osservare quella che è la realtà del mercato dei libri di testo ai giorni nostri.

Prendiamo in considerazione i soli studenti delle scuole superiori che nel 2024 ammontano a più di 2.600.000. Ciascuno di loro è obbligato ad acquistare una collana di libri per affrontare il suo percorso di studi per una spesa che ad oggi si aggira intorno ai 400€ (ma raggiunge facilmente cifre più elevate). Ora analizzando i numeri è facile capire come il settore frutti intorno al miliardo di euro all’anno. Di conseguenza le aziende  che vi lavorano hanno tutto l’interesse di assicurarsi che vi sia una continua richiesta. Nel magnifico mondo del mercato libero e sregolato, le case editrici possono fare il buono ed il cattivo tempo. Ogni anno pubblicano nuove edizioni degli stessi libri con sottilissime modifiche che vincolano però gli studenti ad acquistare nuovi libri.

Cosi facendo con poca spesa si riservano il diritto di falcidiare il mercato dei libri usati e di garantire annualmente la vendita di centinaia di migliaia di copie.

Questo ricambio continuo dei testi va contro ogni interesse degli studenti e non comporta alcun vantaggio specifico né per gli insegnanti né per la didattica. Gli unici a trarre vantaggio da questa cosa sono l’intera filiera editoriale e distributiva.

Oltre ai danni economici vi è anche l’impatto ambientale. Ogni anno vengono sprecate enormi quantità di carta ed inchiostro per mantenere in vita questa macchina del denaro. Per la lavorazione di un singolo libro si producono circa 7,5kg di CO2, il che si traducono in migliaia di tonnellate di emissioni annue.

Per non parlare poi dello spreco di tutti quei libri mai usati, sostituiti magari dalle dispense del docente, che rimarranno intonsi nella loro pellicola.

Alle superiori, durante un consiglio di istituto, proposi di adottare per almeno tre anni consecutivi la stessa edizione di ciascun libro di testo in maniera tale da poter facilitare l’istituzione del “mercatino del libro usato”.

“Eh ma i libri di storia vanno aggiornati in quanto è in continua evoluzione” starnazzò così una professoressa. Risposi dicendo che nel programma del quinto anno a malapena si studiano gli anni ’60 e aggiunsi di riuscirmi a ricordare cosa fosse accaduto l’anno precedente senza bisogno di leggerlo in un libro.

Inoltre testi di materie come ad esempio Matematica, Chimica e Fisica non necessitano certamente di  frequenti aggiornamenti.

Quindi lo ripetiamo chi fa business sull’educazione è un usuraio.

Sembrerebbe essersene accorta adesso anche l’Antitrust che ha avviato un’indagine conoscitiva sul mercato dei libri scolastici.

Sotto la lente di ingrandimento ci sono proprio gli aspetti di cui parlavamo sopra quali: i prezzi, le modalità di distribuzione (in particolare i continui ritardi nella consegna dei volumi) e le frequenti nuove edizioni. Al centro del mirino ci sono anche dinamiche concorrenziali in quanto l’intero settore ruota attorno a grandi gruppi come Mondadori, Zanichelli, La Scuola e Sanoma che di fatto dominano il mercato e ne detengono una sorta di monopolio.

L’indagine terminerà a settembre 2025 e non riguarderà solo le scuole secondarie di primo e secondo grado ma si estenderà fino alle primarie.

Ci auguriamo che tutto questo possa presto finire e che gli studenti non siano più costretti a folli esborsi di migliaia di euro annui per libri e corredo.

La scuola e l’educazione sono sacri, non un’opportunità di denaro per vili affaristi.